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 GROSSI PROBLEMI PER GLI PSICOLOGI LA LEGGE 3/2018 HA QUALIFICATO LA PSICOLOGIA COME ATTIVITA’ SANITARIA – I PROFESSIONISTI OBBLIGATI A COMUNICARE ALLA ASL LA LORO ATTIVITA’ SEGUENDO PROCEDURE ASSURDE – INTERVENTO DELL’ORDINE PROFESSIONALE – PESANTI SANZIONI PER CHI NON SI ADEGUA

di Federico Avanzolini

L’attività dello psicologo libero professionista in forma individuale o associata, connotandosi come attività sanitaria, è regolamentata dalla legge 56/1989 e dalla legge 3/2018. In particolare, con la L. 3/2018 il Parlamento ha varato il riordino delle Professioni sanitarie e per l’effetto lo psicologo ha ottenuto il  pieno riconoscimento quale professionista sanitario.

L’art. 4 della L.R. n. 4/2003 prevede che “Lo svolgimento dell’attività professionale medica, odontoiatrica o sanitaria non ricompresa all’interno delle tipologie di cui al comma 2, presso studi, anche organizzati in società di professionisti o in forma associata o condivisa tra medici, odontoiatri e altri esercenti professioni sanitarie regolamentate in ordini professionali, è soggetta a comunicazione di inizio attività nel rispetto della normativa in materia di igiene, sanità e sicurezza dei locali.”

La Regione Lazio, interpellata sul tema, ha precisato che “permane anche in capo allo psicologo l’onere di trasmettere la Comunicazione di inizio attività di cui alla Delibera di Giunta Regionale n. 447/2015. La comunicazione deve essere inviata alla ASL competente per territorio e, per conoscenza, alla Direzione Salute e Integrazione Socio Sanitaria della Regione Lazio e all’Ordine, utilizzando l’apposito Modello 2 disponibile sul sito web della Direzione regionale. Con l’invio della comunicazione, il professionista è tenuto a dichiarare il possesso di una serie di requisiti necessari allo svolgimento dell’attività professionale (tra cui l’iscrizione all’Albo) e a indicare i nominativi di eventuali altri professionisti presenti nel medesimo studio (individualmente tenuti all’invio di analoga comunicazione) e/o di eventuali collaboratori. Alla comunicazione occorrerà allegare la documentazione prevista dalla DGR n. 447/2015 e richiamata nello stesso Modello 2, ovvero: 1)planimetria generale dell’immobile in scala 1:100, a firma di tecnico abilitato, dalla quale risultino: l’intestazione, le destinazioni d’uso di ciascun locale, le relative altezze, la sezione, le superfici di ciascun locale e il rapporto con le superfici finestrate (o, in alternativa, l’idoneo sistema di ricambio d’aria ivi presente); 2)copia del titolo di possesso dell’immobile, registrato (contratto di locazione, comodato d’uso, altro diritto reale di godimento), ovvero, copia del contratto di locazione del locale in uso o copia del contratto di sub locazione del locale in uso; 3)copia del contratto di smaltimento dei rifiuti speciali a nome del soggetto che effettua la comunicazione ove richiesto dalla tipologia di attività svolta; 4)elenco delle apparecchiature utilizzate da ogni singolo professionista; 5) copia delle analoghe comunicazioni effettuate dagli altri professionisti eventualmente operanti all’interno dell’unità immobiliare; 6) autodichiarazione che l’unità immobiliare sede dell’attività sanitaria risponde a tutti i requisiti urbanistici previsti dalle vigenti disposizioni che disciplinano la materia.

I professionisti che hanno già da tempo avviato l’attività professionale, al fine di evitare il rilascio di una dichiarazione mendace in merito alla data di apertura dello studio, potranno riportare in calce alla comunicazione una dichiarazione con cui precisano che l’invio tardivo della comunicazione di inizio attività è legato alle sopraggiunte variazioni normative e ai successivi chiarimenti forniti dalla Regione Lazio in merito all’adempimento.

È importante precisare che – come previsto dalla DGR 447/2015 – il professionista che omette l’invio della comunicazione, non consentendo l’individuazione della struttura, delle attività svolte al suo interno e quindi l’assoggettabilità o meno dello studio al regime autorizzativo, è esposto alla stessa sanzione amministrativa prevista nei casi di esercizio dell’attività in carenza di autorizzazione.

L’esercizio di attività sanitaria e socio-sanitaria in carenza di titolo autorizzatorio da parte di una struttura soggetta ad autorizzazione comporta l’irrogazione di una sanzione amministrativa per un importo compreso tra un minimo di euro 6.000,00 ed un massimo di euro 60.000,00 nonché l’immediata cessazione dell’esercizio e la chiusura della struttura. La sanzione scatta nel caso in cui, a seguito di un controllo da parte delle Autorità preposte, il professionista non sia in grado di dimostrare l’avvenuta trasmissione della comunicazione di inizio di attività.

Il Presidente dell’Ordine dei Psicologi Federico Conte, è intervenuto di recente in prima persona, in merito all’obbligo CIA e da mesi ha annunciato che sono in corso colloqui con la Regione Lazio al fine di semplificare la procedura.

L’obbligo di CIA esteso agli psicologi porta con sé, comunque, una lunga serie di criticità in grado di penalizzare non poco l’attività dei professionisti che quotidianamente svolgono il proprio lavoro in forma individuale o associata. Dubbi interpretativi sull’adempimento sorgono inoltre quando si pensa alle differenti modalità con cui può essere esercitata la professione. È infatti legittimo chiedersi se l’adempimento debba essere osservato (e come) dai professionisti che:-esercitano l’attività presso la propria abitazione (cd. “uso promiscuo studio/abitazione”), cioè senza disporre di un immobile con accatastamento per uso ufficio/studio privato (categoria A/10); -esercitano esclusivamente online, facendo ricorso alle tecnologie di comunicazione a distanza, che negli ultimi anni hanno conosciuto una crescente diffusione in ogni ambito professionale, riscuotendo un sempre maggiore apprezzamento da parte dell’utenza; -esercitano attività non sanitaria, come ad esempio chi lavora nell’ambito della psicologia del lavoro o in ambito peritale o consulenziale (es. consulenza alle aziende, CTU/CTP, etc.); -esercitano la propria attività presso più studi, anche ricadenti sotto la competenza territoriale di ASL diverse, o in spazi di coworking, realtà operative sempre più diffuse tra i professionisti sanitari.

Si è già accennato, poi, al Modulo predisposto dalla Regione ai fini della CIA, il Modello 2. Ebbene, tale modulo sembrerebbe pensato a uso e consumo della professione medica (o esclusivamente per psicologi che lavorano in studi medici o associati con medici), portando con sé difficoltà interpretative e di fruizione per la maggior parte dei professionisti. Nel modulo si fa infatti riferimento all’utilizzo di apparecchiature tecniche o allo smaltimento di rifiuti speciali, che notoriamente non hanno alcun legame con l’esercizio della professione di psicologo, se non in rari casi.

Al professionista che invia la CIA viene poi chiesto di fornire, pagando un indennizzo di Euro, una dichiarazione asseverata da un tecnico della planimetria dell’immobile, con altezze e finestrature, per verificare il rispetto dei requisiti igienico-sanitari e, contestualmente, di auto dichiarare la regolarità urbanistica dell’immobile. Tuttavia se l’immobile è regolare dal punto di vista urbanistico, rispetta necessariamente anche i requisiti igienico-sanitari, quindi non si capisce che necessità ci sia di far asseverare il tutto da un tecnico. Nella fattispecie poi dell’immobile in affitto, ci si domanda come il professionista possa auto dichiarare qualcosa che solo il proprietario può dichiarare e che peraltro è condizione necessaria per locare il bene in suo possesso.

A seguito delle considerazioni e valutazioni espresse, è opportuno mettere in evidenza soprattutto agli utenti coinvolti e diretti interessati della vicenda che l’obbligo della comunicazione alla ASL c’è ed è chiaro e trasparente dalla stessa L.R. 4/2003. Infatti dal momento in cui la professione dello psicologo è diventata una professione sanitaria , tutti gli iscritti connessi sono subordinati alle normative degli utenti della salute, e per l’effetto tutti sono tenuti alla “contestata” comunicazione. Si invitano pertanto, tutti i professionisti del settore, sentito il proprio Ordine Professionale, ad inviare la comunicazione secondo le modalità previste e richieste, o che saranno concordate tra la Regione e l’Ordine, al fine di evitare gravi conseguenze e sanzioni.